04 febbraio 2004

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Il Piccolo (Trieste)
di Carlo Muscatello
ANTEPRIMA Esce il 15 febbraio il libro-cd dedicato al cinquantacinquenne
cantautore romano Flavio Giurato: volevo essere un tuffatore.
Sparì vent’anni fa, dopo tre dischi giocati sul crinale
fra genialità e follia.
«Per anni, persone sconosciute che incrociavo mi hanno
chiesto perchè non mi vestissi più di bianco e che
fine avesse fatto Flavio Giurato», scrive Carlo Massarini,
oltre vent’anni fa conduttore di «Mister Fantasy»,
nella prefazione del libro+cd «Il tuffatore» (collana
Contagi, edizioni No Reply).
Lo stesso titolo del disco più bello e geniale del cinquantacinquenne
cantautore romano, fratello minore dell’insostenibile Luca,
pubblicato nel lontano 1982. Con «Per futili motivi»
e «Marco Polo», all’epoca completava una trilogia
sufficiente a far diventare Flavio Giurato un artista di culto
per una ristretta ma fedelissima schiera di estimatori, insufficiente
per regalare all’artista il posto che meritava - e forse
tuttora merita - nel mondo della nostra miglior canzone d’autore.
Sul crinale perigliosissimo che divide genialità creativa
e follia visionaria, Giurato ha scritto quella volta canzoni bellissime
e struggenti, non riconducibili a nessun filone, a nessuna scuola
musicale né cantautorale, e forse proprio per questo capaci
di mantenere tuttora intatta una loro attualità fuori del
tempo e ovviamente delle mode. Canzoni ricche di piccole frasi
indimenticabili.
Le delusioni sono unite dalla ferrovia. Una donna alta non è
mai banale, sarà per lo sguardo necessariamente superiore.
Tu sei nel mio cuore dal torneo di Orbetello, quando ha libecciato
e non si è giocato. Io dico che le spade te le lasciano
per strada, non per maleducazione ma per farti ricordare il fratello
di un amico. La mia discutibile malinconia ha bisogno di musica
e poesia. Figliola non andare coi cantautori, che poi finisci
nelle canzoni. Fino al capolavoro: Volevo essere un tuffatore,
per rinascere ogni volta dall’acqua all’aria.
In tutti questi anni Flavio Giurato è sparito, ha fatto
altre cose. Ma ha scritto anche nuove canzoni, ogni tanto ha tenuto
qualche concerto. Ora torna, dopo il riconoscimento alla carriera
all’ultimo Premio Ciampi, con questo libro - che esce il
15 febbraio - fatto di racconti, opinioni, divagazioni, piccole
storie su di lui e sul suo mondo scritti da Aldo Nove, Tiziano
Scarpa e altra, molto varia umanità.
Allegato anche uno spartanissimo cd, registrato dal vivo, rigorosamente
chitarra e voce, che comprende misconosciuti capolavori di ieri
(«Valterchiari», «Simone», «Marcia
nuziale», «Mauro», «Aquile e corvi»,
«Il tuffatore»...) e cose più recenti («Il
caso Nesta», «L’ufficialino», «Silvia
Baraldini»...).
Ascoltandolo, o visitando il sito www.flaviogiurato.it (dove si
possono ascoltare «L’ufficialino» e l’inedita
«Ustica»), si ha la conferma della geniale follia
di Giurato. Ma anche della miopia dell’industria discografica
italiana. Oggi forse è troppo tardi, ma vent’anni
fa questo spilungone nato nel ’49, mezzo cantautore e mezzo
atleta, aveva probabilmente tutte le carte in regola per scrivere
altre pagine originali e importanti della miglior canzone d’autore
di casa nostra.
Se non è successo, lo si deve sicuramente alle caratteristiche
di un personaggio difficilissimo da imbrigliare, «generalmente
antidivo e naturalmente antimercato», come scrive Massarini,
ma anche all’incapacità della discografia di uscire
dai rassicuranti binari del già sentito e di esplorare
il nuovo.

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